La dinamica dei rapporti familiari è in continua evoluzione, e il diritto di famiglia si adegua per riflettere le complessità delle relazioni umane. Tra le questioni più sentite in caso di crisi coniugale, spicca quella dell'addebito della separazione, ovvero l'attribuzione di responsabilità per la fine del vincolo matrimoniale. Se un tempo la colpa era quasi sempre il perno delle decisioni, oggi la giurisprudenza riconosce sempre più il ruolo di fattori complessi come la disaffezione, orientandosi verso soluzioni che meglio riflettano la realtà dei legami.

Il Concetto di Addebito e la Nuova Sensibilità Giurisprudenziale
La dichiarazione di addebito della separazione implica la prova che la crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi. È fondamentale, dunque, che sussista un netto nesso di causalità tra i comportamenti addebitati e il determinarsi dell'intollerabilità della ulteriore convivenza. In mancanza di tale prova, la separazione viene legittimamente pronunciata senza addebito. In tale contesto si inserisce l'ordinanza della Cassazione civile N. 13858/2025, che rafforza una linea interpretativa già consolidata.
La Prova dell'Addebito: Un Nesso di Causalità Indispensabile
Perché si possa addebitare la separazione, non basta la mera violazione di un dovere coniugale. È imprescindibile dimostrare che tale violazione sia stata la causa efficiente e determinante della rottura dell'unione. Se il comportamento contrario ai doveri matrimoniali non è stato la ragione principale e diretta del fallimento della convivenza, l'addebito non può essere pronunciato.
La Disaffezione Come Motivo di Separazione Senza Addebito: Una Linea Giurisprudenziale Costante
La Cassazione, con la recente ordinanza N. 13858/2025, ha confermato la sentenza della corte d’appello che aveva escluso l’addebito in una fattispecie nella quale emergeva la progressiva e manifesta disaffezione dei coniugi. Questi, da tempo, non condividevano più il talamo, palesavano univoci atteggiamenti di indifferenza nei rapporti personali e avevano persino tentato, inutilmente, un percorso di terapia di coppia. Questa decisione si inserisce in un filone giurisprudenziale ben preciso:
- Già la Cassazione civile, Sezione I, con la sentenza N. 1164 del 21 gennaio 2014, aveva riconosciuto l'idoneità della disaffezione unilaterale a determinare l'intollerabilità della convivenza, senza che ciò comportasse automaticamente l'addebito. Questo orientamento sottolinea come il venir meno del consenso, pilastro del rapporto coniugale post-riforma del 1975, possa di per sé giustificare la separazione.
- Inoltre, la Cassazione civile, Sezione I, con l'ordinanza N. 2183 del 30 gennaio 2013, aveva già statuito che "nessuno può essere obbligato a mantenere una convivenza non più gradita". Questa pronuncia ribadisce che il disimpegno da una convivenza divenuta intollerabile, anche a causa di una profonda disaffezione, costituisce un diritto costituzionalmente garantito e non può essere di per sé fonte di riprovazione giuridica e, quindi, causa di addebito della separazione.
- Un'altra rilevante pronuncia è costituita dalla pronuncia della Cassazione N. 21576/2018, che ha ulteriormente chiarito come la situazione di intollerabilità, disaffezione e distacco affettivo, pur potendo verificarsi anche in relazione a uno solo dei coniugi, non costituisca automaticamente motivo di addebito se non si prova il nesso causale con la crisi coniugale.
Questi precedenti consolidano l'orientamento secondo cui la disaffezione, intesa come un progressivo e reciproco allontanamento emotivo e affettivo, può di fatto rendere la convivenza insostenibile, legittimando la separazione senza la necessità di un addebito, a meno che non si dimostri una violazione specifica e determinante dei doveri coniugali.
Conclusioni: La Realtà dei Rapporti Coniugali Prevale
Questa ordinanza della Cassazione e i precedenti citati sottolineano un principio fondamentale: il diritto valuta la realtà dei rapporti umani. Non sempre la fine di un matrimonio è il risultato di una colpa specifica di uno dei coniugi. Spesso, la disaffezione, la progressiva distanza emotiva e la mancanza di interesse reciproco possono portare all'intollerabilità della convivenza, rendendo inutile la ricerca di un "colpevole".
La separazione senza addebito, in questi casi, diventa lo strumento più equo per riconoscere la fine di un percorso comune, senza aggiungere al dolore della separazione anche il peso di una responsabilità giuridica.
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