Assegno di divorzio nelle unioni civili: la rivoluzionaria sentenza della Cassazione che estende i diritti patrimoniali

Pubblicato il 20 settembre 2025 alle ore 15:01

a cura dell'Avv. Daniele Golini Il panorama giuridico italiano ha vissuto una svolta epocale con l'ordinanza n. 25495 del 17 settembre 2025 della Cassazione Civile, che ha stabilito un principio di straordinaria portata: anche in caso di scioglimento di un'unione civile, uno dei due partner può avere diritto a un assegno mensile, applicando gli stessi parametri previsti per il divorzio tra coniugi. Questa decisione rappresenta un momento di svolta nella giurisprudenza italiana, segnando l'equiparazione sostanziale tra matrimonio e unione civile anche sotto il profilo degli obblighi economici post-scioglimento.

La pronuncia della Suprema Corte non si limita a una mera estensione formale di diritti, ma delinea un nuovo orizzonte interpretativo che riconosce la piena dignità delle unioni civili nel panorama delle formazioni sociali tutelate dalla Costituzione. L'importanza di questa decisione trascende il singolo caso, ponendo le basi per una giurisprudenza consolidata che garantisce tutela economica al partner più debole anche nelle unioni civili sciolte.

INDICE

 

Il quadro normativo delle unioni civili e l'assegno di divorzio

La sentenza della Cassazione: principi e ratio decidendi

I criteri di attribuzione dell'assegno nelle unioni civili

La funzione assistenziale e compensativo-perequativa dell'assegno

Aspetti procedurali e probatori

Implicazioni pratiche per i professionisti del diritto

Prospettive future e sviluppi giurisprudenziali

Conclusioni

Il quadro normativo delle unioni civili e l'assegno di divorzio

L'evoluzione del diritto di famiglia italiano ha conosciuto una tappa fondamentale con l'introduzione delle unioni civili, istituto che ha progressivamente acquisito una propria autonomia giuridica pur mantenendo significativi punti di contatto con la disciplina matrimoniale. La questione dell'assegno di divorzio nelle unioni civili si inserisce in questo complesso panorama normativo, dove la lacuna legislativa specifica ha reso necessario l'intervento interpretativo della giurisprudenza di legittimità.

L'articolo 5 della legge n. 898 del 1970 disciplina l'assegno divorzile per i coniugi, stabilendo che il tribunale dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive. La norma prevede che nella determinazione dell'assegno si tenga conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio.

La disciplina delle unioni civili, introdotta con la legge Cirinnà, non contiene una specifica previsione relativa all'assegno post-scioglimento, creando un vuoto normativo che la giurisprudenza ha colmato attraverso un'interpretazione analogica e costituzionalmente orientata. Il principio di uguaglianza sostanziale sancito dall'articolo 3 della Costituzione e la tutela delle formazioni sociali di cui all'articolo 2 costituiscono il fondamento costituzionale per l'estensione dei diritti patrimoniali post-scioglimento anche alle unioni civili.

L'evoluzione interpretativa ha trovato il suo culmine nella recente pronuncia della Cassazione, che ha definitivamente chiarito l'applicabilità dei principi dell'assegno divorzile anche alle unioni civili sciolte. Questa estensione non rappresenta una forzatura interpretativa, ma il naturale sviluppo di un percorso ermeneutico che riconosce la sostanziale equiparazione tra le due forme di convivenza registrata sotto il profilo degli effetti patrimoniali.

La sentenza della Cassazione: principi e ratio decidendi

L'ordinanza n. 25495 del 17 settembre 2025 della Prima Sezione Civile della Cassazione segna un momento di svolta nella giurisprudenza italiana, stabilendo con chiarezza che "nell'ambito delle unioni civili, l'assegno divorzile può riconoscersi ove, previo accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi del richiedente, se ne individui la funzione assistenziale e la funzione perequativo-compensativa".

La Suprema Corte ha delineato con precisione i presupposti per il riconoscimento dell'assegno nelle unioni civili, distinguendo tra funzione assistenziale e funzione compensativo-perequativa. La prima va individuata nella inadeguatezza di mezzi sufficienti ad una vita autonoma e dignitosa e nella impossibilità di procurarseli malgrado ogni diligente sforzo, mentre la seconda ricorre se lo squilibrio economico tra le parti dipende dalle scelte di conduzione della vita comune e dal sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti, in funzione dell'assunzione di un ruolo trainante endofamiliare.

La ratio decidendi della pronuncia si fonda su una lettura costituzionalmente orientata del principio di solidarietà, che non può arrestarsi di fronte alla diversa denominazione formale del rapporto giuridico. La Corte ha chiarito che detto sacrificio sia stato funzionale a fornire un apprezzabile contributo al ménage domestico e alla formazione del patrimonio comune e dell'altra parte, evidenziando come la tutela economica post-scioglimento debba essere ancorata a criteri oggettivi di contribuzione e sacrificio.

Un aspetto particolarmente significativo della pronuncia riguarda la precisazione che la sola funzione assistenziale non può giustificare il riconoscimento di un assegno, che in questo caso non viene parametrato al tenore di vita bensì a quanto necessario per soddisfare le esigenze esistenziali dell'avente diritto. Questa distinzione assume rilevanza cruciale nella determinazione del quantum, poiché quando ricorre anche la funzione compensativa, che assorbe quella assistenziale, l'assegno va parametrato al contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale dell'altra parte.

La Cassazione ha inoltre affrontato la delicata questione della "perdita di chance lavorativa", stabilendo che essa di per sé sola, non basta ad integrare i presupposti per l'assegno per lo scioglimento dell'unione civile, dovendo essere valutata in relazione alla diversa prospettiva temporale segnata dall'estensione della durata del rapporto al periodo di convivenza che ha preceduto la costituzione dell'unione civile. Questo principio introduce una valutazione temporale estesa che considera l'intera durata della relazione, non limitandosi al solo periodo di formalizzazione dell'unione civile.

I criteri di attribuzione dell'assegno nelle unioni civili

L'applicazione dei criteri di attribuzione dell'assegno nelle unioni civili richiede un'analisi approfondita dei parametri stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità, che ha esteso alle unioni civili i medesimi principi elaborati per l'assegno divorzile. La valutazione deve necessariamente partire dall'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi del richiedente e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, elementi che costituiscono il presupposto indefettibile per il riconoscimento del diritto.

La giurisprudenza consolidata ha stabilito che la valutazione dell'adeguatezza dei mezzi economici a disposizione del richiedente deve essere effettuata mediante una comparazione delle condizioni economico-patrimoniali delle parti che tenga conto del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto.

Il primo criterio di valutazione attiene alle condizioni economiche delle parti, che devono essere esaminate in una prospettiva comparativa e non meramente assoluta. Non è sufficiente accertare la condizione di bisogno del richiedente, ma occorre verificare l'esistenza di uno squilibrio economico-patrimoniale significativo tra i partner, che giustifichi l'intervento riequilibratore dell'assegno. Questa valutazione deve considerare non solo i redditi attuali, ma anche le potenzialità reddituali future, l'età dei soggetti, le competenze professionali acquisite e le concrete possibilità di inserimento nel mercato del lavoro.

Il contributo personale ed economico fornito alla conduzione della vita comune rappresenta un elemento centrale nella determinazione dell'assegno. La Cassazione ha chiarito che questo contributo può manifestarsi non solo quando vi sia una rinuncia a occasioni professionali da parte del coniuge economicamente più debole frutto di un accordo intervenuto fra i coniugi, ma anche nelle ipotesi di conduzione univoca della vita familiare che, salvo prova contraria, esprime una scelta comune tacitamente compiuta dai coniugi a fronte del contributo, esclusivo o prevalente, fornito dal richiedente alla formazione del patrimonio familiare e personale dell'altro coniuge, anche sotto forma di risparmio di spesa.

La durata dell'unione civile, comprensiva dell'eventuale periodo di convivenza precedente, assume rilevanza cruciale nella valutazione. Come stabilito dalla giurisprudenza, la durata del matrimonio quale fattore di cruciale importanza nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e delle effettive potenzialità professionali e reddituali alla conclusione della relazione matrimoniale, anche in relazione all'età del coniuge richiedente e alla conformazione del mercato del lavoro. Unioni di breve durata difficilmente potranno giustificare il riconoscimento di un assegno compensativo, salvo circostanze eccezionali che abbiano determinato sacrifici professionali irreversibili.

L'età del richiedente costituisce un parametro di valutazione che incide sia sulla funzione assistenziale che su quella compensativa dell'assegno. La giurisprudenza ha evidenziato che il giudizio di adeguatezza presenta contenuto prognostico riguardante la concreta possibilità di recuperare il pregiudizio professionale ed economico derivante dall'assunzione di un impegno diverso, risultando il fattore età del richiedente di indubbio rilievo per verificare la concreta possibilità di adeguato ricollocamento sul mercato del lavoro.

La funzione assistenziale e compensativo-perequativa dell'assegno

La natura composita dell'assegno nelle unioni civili sciolte riflette la complessità delle relazioni affettive stabili e la necessità di tutelare il partner economicamente più debole attraverso strumenti giuridici adeguati. La Cassazione ha delineato con precisione le due funzioni fondamentali dell'assegno: quella assistenziale e quella compensativo-perequativa, ciascuna con propri presupposti e modalità di quantificazione.

La funzione assistenziale dell'assegno si manifesta quando il partner richiedente versi in una condizione di inadeguatezza economica tale da non consentire il mantenimento di un tenore di vita dignitoso. Questa funzione presuppone l'accertamento dell'impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per ragioni oggettive, che possono essere riconducibili all'età avanzata, a condizioni di salute precarie, alla mancanza di competenze professionali spendibili nel mercato del lavoro o ad altre circostanze che impediscano l'autosufficienza economica.

Tuttavia, la Suprema Corte ha precisato che la sola funzione assistenziale non può giustificare il riconoscimento di un assegno, che in questo caso non viene parametrato al tenore di vita bensì a quanto necessario per soddisfare le esigenze esistenziali dell'avente diritto. Questa limitazione deriva dalla considerazione che l'unione civile, una volta sciolta, non può generare obblighi di mantenimento puramente assistenziali, salvo che non si accompagnino ad elementi compensativi derivanti dal contributo fornito durante la convivenza.

La funzione compensativo-perequativa assume invece carattere centrale nella disciplina dell'assegno per le unioni civili sciolte. Come chiarito dalla giurisprudenza, l'assegno divorzile deve essere adeguato sia a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali che il coniuge richiedente l'assegno ha l'onere di dimostrare nel giudizio al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, sia ad assicurare, in funzione perequativa, sempre previo accertamento probatorio dei fatti posti a base della disparità economico-patrimoniale conseguente allo scioglimento del vincolo, un livello reddituale adeguato al contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio familiare e personale dell'altro coniuge.

La componente compensativa dell'assegno mira a riequilibrare le posizioni economiche dei partner quando lo squilibrio esistente al momento dello scioglimento sia causalmente riconducibile alle scelte condivise di organizzazione della vita comune. La Cassazione ha stabilito che quando la disparità presenta questa radice causale e risulta accertato che lo squilibrio economico patrimoniale conseguente al divorzio deriva dal sacrificio di aspettative professionali e reddituali fondate sull'assunzione di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente all'interno della famiglia e dal conseguente contributo fattivo alla formazione del patrimonio comune e dell'altro coniuge, occorre tenere conto di questa caratteristica della vita familiare nella valutazione dell'inadeguatezza dei mezzi e dell'incapacità del coniuge richiedente di procurarseli per ragioni oggettive.

La funzione perequativa si concentra invece sul riconoscimento del valore economico del contributo fornito dal partner più debole alla formazione del patrimonio comune e personale dell'altro partner. Questo contributo può manifestarsi attraverso l'attività domestica, la cura dei figli, il supporto nell'attività professionale del partner, la rinuncia a opportunità lavorative o la messa a disposizione di risorse personali per le esigenze comuni.

L'interazione tra le due funzioni determina modalità diverse di quantificazione dell'assegno. Quando ricorre la sola funzione assistenziale, l'assegno deve essere limitato alle esigenze esistenziali del beneficiario, senza riferimento al tenore di vita goduto durante l'unione. Quando invece opera la funzione compensativo-perequativa, che assorbe quella assistenziale, l'assegno deve essere parametrato al contributo effettivamente fornito e al sacrificio sostenuto, con una valutazione che può condurre a importi significativamente superiori.

Aspetti procedurali e probatori

La disciplina processuale dell'assegno nelle unioni civili sciolte presenta profili di particolare complessità, derivanti dalla necessità di adattare le regole procedurali del divorzio a una fattispecie non espressamente disciplinata dal legislatore. L'applicazione analogica della disciplina processuale del divorzio richiede un'attenta valutazione delle specificità dell'unione civile e dei principi generali del processo civile.

La competenza per giurisdizione e territorio segue i criteri stabiliti per i procedimenti di scioglimento dell'unione civile, con applicazione delle norme sulla competenza funzionale del tribunale ordinario. L'articolo 473-bis.12 del codice di procedura civile prevede la possibilità di cumulo delle domande di scioglimento e di assegno, consentendo una trattazione unitaria delle questioni connesse.

L'onere probatorio assume carattere centrale nella determinazione dell'assegno, richiedendo al partner richiedente di dimostrare non solo l'inadeguatezza dei propri mezzi, ma anche il nesso causale tra le scelte di conduzione della vita comune e lo squilibrio economico esistente al momento dello scioglimento. La Cassazione ha stabilito che la prova del nesso causale tra le scelte matrimoniali e lo squilibrio patrimoniale spetta al richiedente l'assegno, dovendo dimostrare le realistiche occasioni professionali-reddituali sacrificate per contribuire ai bisogni familiari.

La prova del contributo fornito alla vita comune può essere fornita attraverso diversi mezzi di prova, non limitandosi alla documentazione scritta. Come chiarito dalla giurisprudenza, la prova del contributo fornito nella realizzazione della vita familiare può essere data con ogni mezzo, anche mediante presunzioni, e l'accordo sull'organizzazione dei ruoli reciproci dei coniugi nell'organizzazione della vita familiare non viene di regola espresso in forma scritta. Questa apertura probatoria consente di valorizzare elementi fattuali che, pur non trovando riscontro documentale diretto, possano essere desunti da circostanze sintomatiche e concordanti.

La consulenza tecnica d'ufficio assume particolare rilevanza nella quantificazione dell'assegno, specialmente quando sia necessario accertare le condizioni patrimoniali delle parti o valutare le potenzialità reddituali del richiedente. La valutazione delle condizioni economiche delle parti richiede un accertamento che non si limiti alla situazione reddituale attuale, ma consideri anche le prospettive future e le potenzialità di recupero professionale.

Implicazioni pratiche per i professionisti del diritto

L'estensione dell'assegno divorzile alle unioni civili sciolte comporta significative implicazioni pratiche per i professionisti del diritto, richiedendo un aggiornamento delle strategie processuali e una rimodulazione dell'approccio consulenziale nei rapporti con la clientela. La pronuncia della Cassazione apre nuovi scenari operativi che devono essere attentamente valutati nella pratica forense quotidiana.

Dal punto di vista della consulenza preventiva, i professionisti devono ora informare i clienti che intendono costituire un'unione civile circa le implicazioni economiche dello scioglimento, equiparate sostanzialmente a quelle del divorzio. Questa equiparazione richiede una valutazione attenta delle condizioni patrimoniali dei partner e delle possibili conseguenze economiche future, particolarmente quando uno dei due partner intenda rinunciare o limitare la propria attività professionale per dedicarsi alla cura della famiglia.

La redazione di accordi prematrimoniali o pre-unione assume nuova rilevanza alla luce della possibilità di riconoscimento dell'assegno post-scioglimento. I professionisti devono valutare l'opportunità di inserire clausole specifiche relative agli obblighi economici futuri, pur tenendo conto dei limiti imposti dalla giurisprudenza alla rinuncia anticipata ai diritti patrimoniali derivanti dallo scioglimento dell'unione.

Nella fase di scioglimento dell'unione civile, la strategia processuale deve essere rimodulata per tenere conto della possibilità di richiedere l'assegno secondo i criteri elaborati per il divorzio. La necessità di dimostrare il contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale dell'altra parte" richiede una raccolta probatoria accurata fin dalle prime fasi del procedimento.

L'attività istruttoria deve essere orientata alla dimostrazione del nesso causale tra le scelte di conduzione della vita comune e lo squilibrio economico esistente al momento dello scioglimento. Questo richiede la raccolta di elementi probatori che possano documentare i sacrifici professionali sostenuti, le opportunità lavorative rinunciate, il contributo fornito alla formazione del patrimonio del partner e l'assunzione di ruoli prevalentemente domestici.

La valutazione delle condizioni economiche delle parti richiede un approccio multidisciplinare che può beneficiare del supporto di consulenti tecnici specializzati nella valutazione patrimoniale e reddituale. La determinazione del quantum richiede una valutazione che consideri non solo le esigenze attuali del richiedente, ma anche il contributo effettivamente fornito durante l'unione e il sacrificio sostenuto in termini di opportunità professionali.

La gestione dei rapporti con la clientela richiede una comunicazione chiara circa le prospettive di successo della domanda di assegno, evitando aspettative irrealistiche ma valorizzando adeguatamente i diritti riconosciuti dalla giurisprudenza. I professionisti devono illustrare ai clienti la complessità dell'accertamento probatorio richiesto e la necessità di una strategia processuale articolata per il riconoscimento del diritto.

Prospettive future e sviluppi giurisprudenziali

La pronuncia della Cassazione rappresenta solo l'inizio di un percorso evolutivo che vedrà probabilmente ulteriori sviluppi giurisprudenziali e, auspicabilmente, interventi legislativi di chiarimento. L'equiparazione sostanziale tra matrimonio e unione civile sotto il profilo degli effetti patrimoniali post-scioglimento apre interrogativi che richiedono risposte articolate e ponderate.

Un primo aspetto che merita attenzione riguarda l'estensione di altri istituti tipici del diritto matrimoniale alle unioni civili sciolte. Se l'assegno divorzile trova ora piena applicazione, resta da chiarire se anche altri diritti patrimoniali, come la pensione di reversibilità o l'indennità di fine rapporto, possano essere estesi ai partner di unioni civili sciolte secondo criteri analoghi.

La questione fiscale dell'assegno nelle unioni civili sciolte presenta profili di particolare interesse che richiedono chiarimenti normativi. L'applicazione delle disposizioni tributarie previste per l'assegno divorzile alle unioni civili non è automatica e potrebbe richiedere interventi interpretativi dell'Amministrazione finanziaria o modifiche legislative specifiche.

Dal punto di vista processuale, l'applicazione analogica delle norme sul divorzio alle unioni civili potrebbe generare questioni interpretative che richiederanno ulteriori pronunciamenti di legittimità. La specificità dell'istituto dell'unione civile, pur nella sostanziale equiparazione al matrimonio, potrebbe far emergere profili peculiari che necessitano di soluzioni ad hoc.

L'evoluzione della giurisprudenza di merito sarà cruciale per consolidare i principi stabiliti dalla Cassazione e per definire criteri applicativi uniformi su tutto il territorio nazionale. La formazione di un orientamento giurisprudenziale consolidato richiederà tempo e l'accumularsi di precedenti che chiariscano i profili più controversi dell'applicazione dell'assegno alle unioni civili sciolte.

Conclusioni

La rivoluzionaria pronuncia della Cassazione segna una tappa fondamentale nell'evoluzione del diritto di famiglia italiano, completando il percorso di equiparazione sostanziale tra matrimonio e unione civile anche sotto il profilo degli effetti patrimoniali post-scioglimento. L'estensione dell'assegno divorzile alle unioni civili sciolte non rappresenta una mera innovazione giurisprudenziale, ma il riconoscimento di un principio di giustizia sostanziale che tutela il partner economicamente più debole indipendentemente dalla forma giuridica scelta per formalizzare la relazione affettiva.

La decisione della Suprema Corte si inserisce in un più ampio movimento di modernizzazione del diritto di famiglia che, partendo dal riconoscimento delle unioni civili, procede verso una sempre maggiore tutela dei diritti fondamentali della persona nelle diverse forme di convivenza. L'applicazione dei criteri dell'assegno divorzile alle unioni civili sciolte garantisce coerenza sistematica e tutela effettiva dei diritti, eliminando discriminazioni ingiustificate tra situazioni sostanzialmente analoghe.

Per i professionisti del diritto, questa evoluzione giurisprudenziale rappresenta sia un'opportunità che una sfida. L'opportunità di offrire ai clienti una tutela più completa e articolata, la sfida di aggiornare competenze e strategie processuali per cogliere appieno le potenzialità offerte dal nuovo orientamento giurisprudenziale. La complessità dell'accertamento probatorio richiesto per il riconoscimento dell'assegno nelle unioni civili sciolte impone un approccio professionale qualificato e una preparazione tecnica approfondita.

L'impatto sociale della pronuncia trascende gli aspetti meramente giuridici, contribuendo a consolidare il riconoscimento delle unioni civili come formazione sociale pienamente tutelata dall'ordinamento. La parità di trattamento sotto il profilo degli effetti patrimoniali post-scioglimento rappresenta un ulteriore passo verso il superamento di ogni forma di discriminazione basata sull'orientamento sessuale o sulla scelta della forma giuridica di convivenza.

Le prospettive future richiedono un monitoraggio attento degli sviluppi giurisprudenziali e, auspicabilmente, interventi legislativi di chiarimento che consolidino i principi affermati dalla Cassazione e ne facilitino l'applicazione pratica. L'evoluzione del diritto di famiglia italiano procede verso una sempre maggiore tutela dei diritti fondamentali della persona, e la pronuncia in esame rappresenta un contributo significativo a questo percorso di modernizzazione e giustizia sociale.

 

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Cassazione Civile Sez I Ordinanza N 25495 Del 17 Settembre 2025 Pdf
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