Contratti d'appalto: abbandono del cantiere e risarcimento danni

Pubblicato il 26 luglio 2025 alle ore 16:02

L'abbandono del cantiere da parte dell'appaltatore rappresenta una delle problematiche più gravi nell'ambito dei contratti d'appalto, configurando un inadempimento di particolare gravità che compromette l'equilibrio del rapporto contrattuale. La giurisprudenza recente ha consolidato orientamenti rigorosi nella valutazione di tale condotta, riconoscendo al committente strumenti di tutela efficaci per il recupero delle somme versate e il risarcimento dei danni subiti. Il nuovo Codice degli Appalti ha ulteriormente rafforzato la posizione del committente, introducendo meccanismi di tutela più incisivi per la risoluzione del contratto in caso di grave inadempimento dell'appaltatore.

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INDICE

 

Il contratto d'appalto e la disciplina dell'inadempimento

L'abbandono del cantiere come grave inadempimento contrattuale

La risoluzione del contratto per inadempimento dell'appaltatore

I criteri di quantificazione del danno derivante dall'abbandono del cantiere

L'applicazione delle clausole penali nei contratti d'appalto

La responsabilità dell'appaltatore e i diritti del committente

Le conseguenze patrimoniali della risoluzione contrattuale

La tutela del committente nel nuovo Codice degli Appalti

Conclusioni

 

Il contratto d'appalto e la disciplina dell'inadempimento

Il contratto d'appalto, disciplinato dagli articoli 1655 e seguenti del Codice civile, costituisce un negozio giuridico mediante il quale una parte, denominata appaltatore, si obbliga nei confronti di un'altra, il committente, a compiere un'opera o un servizio con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, dietro corrispettivo in denaro. La natura sinallagmatica del contratto comporta l'esistenza di obbligazioni reciproche e corrispettive, il cui equilibrio può essere compromesso dall'inadempimento di una delle parti, con conseguente applicazione dei rimedi previsti dalla disciplina generale dei contratti.

L'inadempimento dell'appaltatore assume particolare rilevanza quando si concretizza nell'abbandono del cantiere, configurando una violazione delle obbligazioni contrattuali di particolare gravità che incide sull'economia complessiva del rapporto negoziale. La sentenza del Tribunale di Modena n. 118/2025 ha chiarito che nei contratti di appalto, l'abbandono del cantiere da parte dell'appaltatore costituisce inadempimento di non scarsa importanza idoneo a determinare la risoluzione contrattuale ai sensi dell'articolo 1453 del codice civile, non potendo tale circostanza essere ricondotta nell'alveo dell'articolo 1668 del codice civile relativo all'impossibilità sopravvenuta della prestazione.

La disciplina dell'inadempimento nei contratti d'appalto presenta profili di particolare complessità, dovuti alla coesistenza tra le norme generali in materia di inadempimento contrattuale, contenute negli articoli 1453 e seguenti del Codice civile, e le disposizioni speciali previste per il contratto d'appalto. La giurisprudenza ha chiarito che le norme speciali non escludono l'applicazione dei principi generali quando l'inadempimento non rientri nelle fattispecie specificamente disciplinate. Come evidenziato dalla sentenza del Tribunale di Padova n. 42/2025, la responsabilità dell'appaltatore per inadempimento ai sensi degli articoli 1453 e 1455 del codice civile non è esclusa dalle speciali disposizioni contenute negli articoli 1667 e 1668 del codice civile, in quanto queste ultime integrano senza escluderla l'applicazione dei principi generali in materia di inadempimento contrattuale.

L'onere probatorio nell'ambito dell'inadempimento contrattuale segue criteri consolidati che attribuiscono al creditore l'onere di provare la fonte negoziale del proprio diritto e di allegare l'inadempimento della controparte, mentre grava sul debitore la dimostrazione dell'avvenuto adempimento o dell'impossibilità della prestazione per causa non imputabile. La sentenza del Tribunale di Roma n. 17385/2024 ha precisato che "ùil creditore che agisca per la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno deve provare la fonte negoziale del proprio diritto ed allegare dettagliatamente l'inadempimento della controparte, mentre grava sul debitore convenuto l'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento.

L'abbandono del cantiere come grave inadempimento contrattuale

L'abbandono del cantiere rappresenta una delle forme più gravi di inadempimento contrattuale nell'ambito dei rapporti d'appalto, configurando una violazione delle obbligazioni fondamentali assunte dall'appaltatore che compromette irrimediabilmente l'equilibrio del rapporto sinallagmatico. La giurisprudenza ha sviluppato criteri interpretativi consolidati per la qualificazione di tale condotta, individuando gli elementi costitutivi che consentono di distinguere l'abbandono definitivo del cantiere da temporanee interruzioni dei lavori giustificate da circostanze oggettive.

La configurazione dell'abbandono del cantiere richiede la presenza di elementi oggettivi e soggettivi che dimostrino la volontà dell'appaltatore di non proseguire nell'esecuzione dell'opera. La sentenza del Tribunale di Alessandria n. 29/2025 ha stabilito che quando l'appaltatore abbandona il cantiere dopo aver eseguito solo una piccola parte dei lavori previsti dal capitolato, nonostante abbia già ricevuto dal committente una somma considerevole a titolo di anticipazione, si configura grave inadempimento che legittima la risoluzione del contratto ai sensi dell'articolo 1455 del Codice Civile. Il tribunale ha inoltre chiarito che la comunicazione dell'appaltatore al direttore dei lavori circa la sospensione dei lavori per problemi con subappaltatori, unitamente alle successive dichiarazioni epistolari di disponibilità a definire la vertenza adducendo problemi di salute, costituisce riconoscimento implicito dell'inadempimento e conferma l'abbandono del cantiere.

La valutazione della gravità dell'inadempimento costituisce un elemento essenziale per l'applicazione dei rimedi contrattuali previsti dal Codice civile. La giurisprudenza ha elaborato criteri oggettivi e soggettivi per tale valutazione, come evidenziato dalla sentenza del Tribunale di Modena, secondo cui la valutazione della gravità dell'inadempimento viene operata dal giudice mediante un duplice criterio: in primo luogo attraverso un parametro oggettivo, verificando che l'inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell'economia complessiva del rapporto tanto in astratto per la sua entità quanto in concreto in relazione al pregiudizio effettivamente causato all'altro contraente, determinando uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale; in secondo luogo mediante la considerazione di eventuali elementi di carattere soggettivo consistenti nel comportamento di entrambe le parti.

L'abbandono del cantiere assume particolare gravità quando si verifica dopo che l'appaltatore abbia ricevuto anticipazioni o acconti sul corrispettivo pattuito, configurando una sproporzione tra le prestazioni ricevute e quelle rese che compromette l'equilibrio contrattuale. La sentenza del Tribunale di Padova ha stabilito che costituisce inadempimento di gravità non contestabile la condotta dell'appaltatore che, dopo aver ricevuto un acconto pari al cinquanta per cento dell'importo dell'opera, si limiti ad eseguire prestazioni del tutto marginali rispetto all'oggetto del contratto, quale la parziale rimozione delle tegole, per poi abbandonare definitivamente il cantiere senza completare l'opera commissionata.

Le circostanze che possono giustificare l'interruzione dei lavori devono essere valutate con particolare rigore, non essendo sufficienti generiche difficoltà organizzative o problemi di natura economica dell'appaltatore. La giurisprudenza di merito ha chiarito che le condizioni meteorologiche avverse non costituiscono causa idonea a giustificare l'abbandono del cantiere per un intervallo temporale prolungato, non essendo sufficienti a dimostrare che l'inadempimento sia stato determinato da impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore.

La risoluzione del contratto per inadempimento dell'appaltatore

La risoluzione del contratto d'appalto per inadempimento dell'appaltatore può avvenire secondo diverse modalità previste dal Codice civile, ciascuna caratterizzata da specifici presupposti e conseguenze giuridiche. L'articolo 1453 del Codice civile prevede la risoluzione giudiziale per inadempimento, che richiede una pronuncia costitutiva del giudice previa valutazione della non scarsa importanza dell'inadempimento, mentre l'articolo 1454 disciplina la risoluzione di diritto mediante diffida ad adempiere, che opera automaticamente al decorso del termine assegnato al debitore inadempiente.

La risoluzione giudiziale per inadempimento richiede una valutazione discrezionale del giudice sulla gravità dell'inadempimento, che deve essere tale da compromettere l'interesse del creditore alla prestazione. La sentenza del Tribunale di Siena n. 82/2025 ha precisato che la risoluzione per inadempimento dell'appaltatore consegue a una pronuncia costitutiva che presuppone la valutazione della non scarsa importanza dell'inadempimento stesso, operata attraverso un duplice criterio che applica in primo luogo un parametro oggettivo mediante la verifica che l'inadempimento abbia inciso in modo apprezzabile nell'economia complessiva del rapporto, dando luogo ad uno squilibrio sensibile del sinallagma negoziale, completandosi poi l'indagine mediante la considerazione di eventuali elementi di carattere soggettivo consistenti nel comportamento di entrambe le parti.

La diffida ad adempiere ex articolo 1454 del Codice civile rappresenta uno strumento particolarmente efficace per ottenere la risoluzione automatica del contratto, operando di diritto al decorso inutile del termine assegnato al debitore. La sentenza del Tribunale di Bologna n. 416/2025 ha chiarito che la diffida ad adempiere ex articolo 1454 del Codice Civile, intimata dal committente con assegnazione di termine non inferiore a trenta giorni per il completamento dei lavori, produce effetti risolutivi di diritto al decorso inutile del termine assegnato, indipendentemente dalla presenza di specifiche clausole contrattuali che prevedano la risoluzione di diritto per gravissimo inadempimento.

Il nuovo Codice degli Appalti ha introdotto disposizioni specifiche per la risoluzione del contratto in caso di grave inadempimento dell'appaltatore. L'articolo 122 del decreto legislativo n. 36/2023 stabilisce che il contratto di appalto può inoltre essere risolto per grave inadempimento delle obbligazioni contrattuali da parte dell'appaltatore, tale da compromettere la buona riuscita delle prestazioni". La norma prevede un procedimento specifico che coinvolge il direttore dei lavori o il direttore dell'esecuzione, il quale "quando accerta un grave inadempimento avvia in contraddittorio con l'appaltatore il procedimento disciplinato dall'articolo 10 dell'allegato II.14.

La risoluzione del contratto comporta conseguenze patrimoniali significative per entrambe le parti. Come stabilito dall'articolo 122, comma 5, del nuovo Codice degli Appalti, in tutti i casi di risoluzione del contratto l'appaltatore ha diritto soltanto al pagamento delle prestazioni relative ai lavori, servizi o forniture regolarmente eseguiti. Tuttavia, il comma 6 precisa che nei casi di risoluzione del contratto di cui ai commi 1, lettere c) e d), 2, 3 e 4, le somme di cui al comma 5 sono decurtate degli oneri aggiuntivi derivanti dallo scioglimento del contratto, e in sede di liquidazione finale dei lavori, servizi o forniture riferita all'appalto risolto, l'onere da porre a carico dell'appaltatore è determinato anche in relazione alla maggiore spesa sostenuta per il nuovo affidamento.

I criteri di quantificazione del danno derivante dall'abbandono del cantiere

La quantificazione del danno derivante dall'abbandono del cantiere costituisce uno degli aspetti più complessi della disciplina dell'inadempimento contrattuale, richiedendo l'applicazione di criteri tecnico-giuridici consolidati per la determinazione del quantum risarcitorio. La giurisprudenza ha elaborato principi interpretativi che consentono di individuare le diverse componenti del danno e di stabilire i criteri per la loro liquidazione, distinguendo tra danno emergente, lucro cessante e danni conseguenziali derivanti dall'inadempimento dell'appaltatore.

Il danno emergente comprende tutte le spese sostenute dal committente a causa dell'inadempimento dell'appaltatore, inclusi i costi per il completamento dell'opera mediante affidamento a terzi, le spese per la messa in sicurezza del cantiere abbandonato e gli oneri derivanti dal prolungamento dei tempi di esecuzione. La sentenza del Tribunale di Roma ha stabilito che il risarcimento del danno emergente comprende le spese necessarie per il ripristino dei locali danneggiati dal crollo, quantificabili sulla base di computo metrico estimativo dettagliato", precisando che "grava sul creditore, ai fini dell'accoglimento della domanda risarcitoria, l'onere di fornire la prova dell'effettiva esistenza ed entità del danno lamentato e del nesso di causalità tra questo e l'inadempimento.

La restituzione delle somme versate a titolo di anticipo o acconto rappresenta una componente fondamentale del risarcimento quando l'appaltatore abbia ricevuto corrispettivi superiori al valore delle opere effettivamente eseguite. La sentenza del Tribunale di Alessandria ha chiarito che accertato il grave inadempimento, il committente ha diritto alla restituzione della parte di prezzo pagata in eccesso rispetto al valore dei lavori effettivamente eseguiti, calcolata come differenza tra l'importo anticipato e il corrispettivo spettante per le opere realizzate secondo la valutazione tecnica.

Il lucro cessante derivante dall'abbandono del cantiere può configurarsi in diverse forme, dalla perdita di canoni di locazione per l'impossibilità di utilizzare l'immobile nei tempi previsti, alla mancata fruizione di benefici fiscali legati alla tempestiva ultimazione dei lavori. La sentenza del Tribunale di Latina n. 321/2025 ha stabilito che il risarcimento del danno per mancato godimento dell'immobile oggetto dei lavori di ristrutturazione si quantifica parametrandolo al canone di locazione che l'immobile avrebbe potuto produrre se completato nei tempi contrattuali, limitatamente al periodo di indisponibilità causalmente riconducibile alla condotta inadempiente dell'appaltatore.

La quantificazione del maggior costo sostenuto per il completamento dell'opera mediante affidamento a terzi richiede una valutazione comparativa tra il corrispettivo originariamente pattuito e quello effettivamente pagato per l'ultimazione dei lavori. La sentenza del Tribunale di Ravenna n. 260/2025 ha precisato che per il risarcimento del danno derivante dal maggior costo sostenuto per l'ultimazione dei lavori mediante imprese terze, il committente deve provare la differenza tra quanto avrebbe pagato se l'appaltatore avesse regolarmente ultimato i lavori e la maggior somma effettivamente sborsata, non essendo sufficiente indicare l'importo complessivo del compenso pagato alle ditte terze.

I danni conseguenziali derivanti dall'abbandono del cantiere possono assumere diverse configurazioni, dalle spese per la custodia e sorveglianza del cantiere abbandonato, ai costi per il deposito temporaneo di mobili e suppellettili, fino alla perdita di opportunità economiche connesse alla tempestiva ultimazione dell'opera. La sentenza del Tribunale di Siena ha riconosciuto il diritto al risarcimento di i canoni di locazione per immobile alternativo, le spese per il deposito della mobilia, i costi per la videosorveglianza del cantiere abbandonato e il danno da mancato accesso alle detrazioni fiscali per ristrutturazione quando le opere non si concludano nei termini previsti dalla normativa tributaria per l'ottenimento dei benefici.

L'applicazione delle clausole penali nei contratti d'appalto

Le clausole penali rappresentano uno strumento contrattuale di particolare importanza nei contratti d'appalto, consentendo alle parti di predeterminare il risarcimento dovuto in caso di inadempimento o ritardo nell'esecuzione delle prestazioni. La disciplina delle clausole penali, contenuta negli articoli 1382 e seguenti del Codice civile, trova particolare applicazione nei contratti d'appalto, dove la complessità delle prestazioni e la difficoltà di quantificazione del danno rendono opportuna la predeterminazione convenzionale del quantum risarcitorio.

La clausola penale per il ritardo nell'ultimazione dei lavori costituisce una delle previsioni più frequenti nei contratti d'appalto, consentendo al committente di ottenere automaticamente il risarcimento del danno derivante dal mancato rispetto dei termini contrattuali. La sentenza del Tribunale di Bologna ha stabilito che il ritardo nell'ultimazione dei lavori rispetto al termine pattuito comporta l'applicazione della penale giornaliera contrattualmente stabilita, calcolata dal giorno successivo alla scadenza del termine di ultimazione fino alla data di risoluzione del contratto.

La distinzione tra penale per il ritardo e penale per l'inadempimento assume particolare rilevanza per la determinazione degli effetti risarcitori. La sentenza del Tribunale di Milano n. 1033/2025 ha chiarito che la clausola penale per il ritardo nell'adempimento, quando non sia stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore ex art. 1382 c.c., limita il risarcimento alla prestazione promessa e preclude la richiesta di ulteriori danni conseguenti al medesimo ritardo, compresi i costi per il prolungamento di noleggi, tamponamenti provvisori e altri oneri derivanti dal protrarsi dei tempi di esecuzione. Tuttavia, il tribunale ha precisato che la penale per il semplice ritardo è ontologicamente diversa da quella per l'inadempimento e non esclude la risarcibilità del danno da inadempimento della prestazione principale, purché il committente assolva all'onere di provare il danno derivante dall'abbandono del cantiere e dal mancato completamento delle opere.

Il nuovo Codice degli Appalti ha introdotto disposizioni specifiche in materia di clausole penali, rafforzando la tutela del committente in caso di inadempimento dell'appaltatore. L'articolo 190, comma 2, del decreto legislativo n. 36/2023 stabilisce che la risoluzione della concessione per inadempimento dell'ente concedente o del concessionario è disciplinata dagli articoli 1453 e seguenti del codice civile. Il contratto prevede per il caso di inadempimento una clausola penale di predeterminazione del danno e i criteri per il calcolo dell'indennizzo.

L'applicazione delle clausole penali deve essere valutata in relazione al principio di proporzionalità e al divieto di arricchimento senza causa. La giurisprudenza ha chiarito che le clausole penali manifestamente eccessive possono essere ridotte dal giudice ai sensi dell'articolo 1384 del Codice civile, mentre quelle manifestamente inadeguate possono essere aumentate quando sia stata pattuita la risarcibilità del danno ulteriore. La valutazione della congruità della penale deve essere effettuata tenendo conto dell'entità del danno effettivamente subito dal creditore e della gravità dell'inadempimento del debitore.

La compensazione tra crediti derivanti da penali e debiti per corrispettivi dovuti all'appaltatore rappresenta un meccanismo frequentemente applicato nella liquidazione dei rapporti contrattuali. La giurisprudenza di merito ha stabilito che "nel caso di reciproci crediti tra le parti, opera la compensazione legale tra il credito per penale da ritardo e quello per ritenute contrattuali applicate sui lavori eseguiti", precisando che tale compensazione opera automaticamente quando sussistano i presupposti previsti dall'articolo 1243 del Codice civile.

La responsabilità dell'appaltatore e i diritti del committente

La responsabilità dell'appaltatore per l'abbandono del cantiere si inquadra nell'ambito della responsabilità contrattuale, trovando applicazione i principi generali in materia di inadempimento delle obbligazioni. L'appaltatore che abbandona il cantiere viola le obbligazioni fondamentali assunte con il contratto, configurando un inadempimento che può dar luogo tanto alla risoluzione del contratto quanto al risarcimento del danno, secondo le modalità previste dagli articoli 1453 e seguenti del Codice civile.

La responsabilità dell'appaltatore per abbandono del cantiere presenta caratteri di particolare gravità quando si verifica dopo che questi abbia ricevuto anticipazioni o acconti sul corrispettivo pattuito. In tali casi, l'inadempimento assume connotati che possono configurare anche profili di responsabilità penale, come evidenziato dall'articolo 355 del Codice penale, che punisce chiunque, non adempiendo gli obblighi che gli derivano da un contratto di fornitura concluso con lo Stato, o con un altro ente pubblico, ovvero con un'impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità, fa mancare, in tutto o in parte, cose od opere, che siano necessarie a uno stabilimento pubblico o ad un pubblico servizio.

I diritti del committente in caso di abbandono del cantiere sono molteplici e trovano tutela tanto nella disciplina generale dei contratti quanto nelle disposizioni specifiche del nuovo Codice degli Appalti. Il diritto alla risoluzione del contratto rappresenta il rimedio principale, consentendo al committente di liberarsi dal vincolo contrattuale e di ottenere la restituzione delle somme versate. La sentenza del Tribunale di Padova ha stabilito che alla risoluzione del contratto di appalto per inadempimento conseguono gli effetti di cui all'articolo 1458 del codice civile e quindi il diritto del committente alla restituzione dell'acconto versato, che costituisce debito di valuta derivante dal venir meno della causa delle reciproche obbligazioni, maggiorato di interessi al tasso legale dalla data della domanda al saldo.

Il diritto al risarcimento del danno costituisce un ulteriore strumento di tutela del committente, consentendo il ristoro dei pregiudizi subiti a causa dell'inadempimento dell'appaltatore. La quantificazione del danno deve essere effettuata secondo criteri oggettivi.

Le conseguenze patrimoniali della risoluzione contrattuale

La risoluzione del contratto d'appalto per abbandono del cantiere comporta conseguenze patrimoniali significative per entrambe le parti contrattuali. Come stabilito dall'articolo 122, comma 5, del nuovo Codice degli Appalti, in tutti i casi di risoluzione del contratto l'appaltatore ha diritto soltanto al pagamento delle prestazioni relative ai lavori, servizi o forniture regolarmente eseguiti". Tuttavia, il comma 6 precisa che "nei casi di risoluzione del contratto di cui ai commi 1, lettere c) e d), 2, 3 e 4, le somme di cui al comma 5 sono decurtate degli oneri aggiuntivi derivanti dallo scioglimento del contratto.

La sentenza del Tribunale di Monza n. 43/2025 ha chiarito che la risoluzione del contratto di appalto con efficacia retroattiva ex art. 1458 cod. civ., trattandosi di contratto ad esecuzione prolungata, comporta automaticamente il diritto alla ripetizione dell'indebito oggettivo ex art. 2033 cod. civ. per gli acconti corrisposti, venendo meno la causa giustificatrice delle prestazioni eseguite.

Il principio della restitutio in integrum trova particolare applicazione nei contratti d'appalto risolti per inadempimento dell'appaltatore. La sentenza del Tribunale di Udine n. 289/2025 ha stabilito che la risoluzione del contratto per inadempimento determina un effetto liberatorio ex nunc rispetto alle prestazioni da eseguire e un effetto recuperatorio ex tunc rispetto alle prestazioni già eseguite, imponendo a ciascun contraente una totale restitutio in integrum indipendentemente dall'imputabilità dell'inadempimento.

La tutela del committente nel nuovo Codice degli Appalti

Il nuovo Codice degli Appalti, contenuto nel decreto legislativo n. 36 del 31 marzo 2023, ha introdotto significative innovazioni nella disciplina della risoluzione del contratto per inadempimento dell'appaltatore, rafforzando la posizione del committente e semplificando le procedure di tutela. L'articolo 122 del nuovo Codice prevede specifiche ipotesi di risoluzione del contratto, distinguendo tra casi di risoluzione obbligatoria e facoltativa, e stabilendo procedure semplificate per l'accertamento del grave inadempimento.

La disciplina delle garanzie definitive, contenuta nell'articolo 117 del decreto legislativo n. 36/2023, prevede che la garanzia è prestata per l'adempimento di tutte le obbligazioni del contratto e per il risarcimento dei danni derivanti dall'eventuale inadempimento delle obbligazioni stesse, nonché per il rimborso delle somme pagate in più all'esecutore rispetto alle risultanze della liquidazione finale. Tale disciplina offre al committente uno strumento di tutela immediata in caso di inadempimento dell'appaltatore.

Il diritto di recesso del committente, disciplinato dall'articolo 123 del nuovo Codice, rappresenta un ulteriore strumento di tutela che consente alla stazione appaltante di recedere dal contratto in qualunque momento purché tenga indenne l'appaltatore mediante il pagamento dei lavori eseguiti o delle prestazioni relative ai servizi e alle forniture eseguiti nonché del valore dei materiali utili esistenti in cantiere.

Conclusioni

L'abbandono del cantiere da parte dell'appaltatore rappresenta una delle forme più gravi di inadempimento contrattuale nell'ambito dei rapporti d'appalto, comportando conseguenze giuridiche ed economiche di notevole portata per entrambe le parti contrattuali. L'evoluzione giurisprudenziale degli ultimi anni ha consolidato un orientamento rigoroso nella valutazione di tale condotta, riconoscendo al committente strumenti di tutela efficaci e procedure semplificate per ottenere la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni subiti.

La disciplina introdotta dal nuovo Codice degli Appalti ha ulteriormente rafforzato la posizione del committente, introducendo meccanismi di tutela più incisivi e procedure specifiche per l'accertamento del grave inadempimento dell'appaltatore. Le disposizioni in materia di garanzie definitive, clausole penali e diritto di recesso offrono al committente un ventaglio completo di strumenti per la tutela dei propri diritti e per la gestione delle situazioni di inadempimento.

La giurisprudenza di merito ha sviluppato criteri interpretativi consolidati che consentono di individuare con precisione i presupposti per la configurazione dell'abbandono del cantiere come grave inadempimento, fornendo parametri oggettivi per la valutazione della gravità dell'inadempimento e per la determinazione del quantum risarcitorio. L'applicazione di tali criteri richiede una valutazione caso per caso delle circostanze concrete, tenendo conto tanto degli aspetti oggettivi dell'inadempimento quanto degli elementi soggettivi che caratterizzano il comportamento delle parti.

La quantificazione del danno derivante dall'abbandono del cantiere deve essere effettuata secondo criteri rigorosi che tengano conto delle diverse componenti del pregiudizio subito dal committente, dalla restituzione delle somme versate in eccesso rispetto al valore delle opere eseguite, ai costi per il completamento dell'opera mediante affidamento a terzi, fino ai danni conseguenziali derivanti dal ritardo nell'ultimazione dei lavori. La corretta applicazione di tali criteri consente di garantire al committente un ristoro integrale dei danni subiti, nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza che caratterizzano il sistema risarcitorio.

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